ORIETTABERTI
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Diario
2020: GIUGNO I 50 anni di “Fin che la barca va”
2020: Giugno I 50 anni di “Fin che la barca va”
2020: Giugno I 50 anni di “Fin che la barca va”
IL 45 GIRI
MEMORABILIA
Il 12 aprile 1970 prende il via la settima edizione del concorso canoro radiofonico “Un disco per l’estate”. I cantanti partecipanti sono 54, ma lungo il percorso che si conclude il 15 giugno rimangono in 12. Orietta Berti presenta quello che diventerà il suo successo più popolare, “Fin che la barca va”, classificandosi al terzo posto dietro Renato dei Profeti e Peppino Gagliardi
Alunni del Sole Fantasia Angelica Con il mare dentro agli occhi  Anselmo Per settanta lire  Tony Astarita Ho nostalgia di te Claudio Baglioni Una favola blu Anna Bardelli Ma dove vai vestito di blu  Orietta Berti Fin che la barca va Angela Bini Tu felicità I Bisonti Oh simpatia  Giancarlo Cajani Tuffati con me  Caterina Caselli Spero di svegliarmi presto  Daniel Brucia brucia Dominga Dimmi cosa aspetti ancora  Domodossola Adagio Johnny Dorelli Chiedi di più Gipo Farassino Non devi piangere Maria Piero Focaccia Permette signora Franco IV e Franco I Tu bambina mia Rosanna Fratello Una rosa e una candela Peppino Gagliardi Settembre Franca Galliani L'inno I Giganti Charlot Gianni Giuffrè Una vita nuova Isabella Iannetti Il mare in cartolina Anna Maria Izzo La corriera Kocis Per te dolce amore Giorgio Laneve Amore dove sei?
Lolita Circolo chiuso Junior Magli Il momento dell'addio Michele Ho camminato Eddy Miller Non sono un pupo  New Trolls Una nuvola bianca I Nomadi Un pugno di sabbia Nuova Idea Pitea, un uomo contro l'infinito I Nuovi Angeli Color cioccolata Edda Ollari Acqua passata Le Orme L'aurora Herbert Pagani Lo specchietto Pascal Lei dorme Diego Peano Gabbiano blu Gian Pieretti Viola d'amore  Pio Il pianista di quella sera Raoul Pisani Il carillon Romina Power Armonia Protagonisti Un'avventura in più Mino Reitano Cento colpi alla tua porta Renato dei Profeti Lady Barbara Robertino Non siamo al mare Gino Santercole Il re di Fantasia Bobby Solo Occhi di fuoco Stefania Come le fragole Toto e i Tati Questo fragile amore Ulisse Se non avessi lei Mario Zelinotti Dove andranno le nuvole
LA CLASSIFICA FINALE 01) Renato dei Profeti Lady Barbara 02) Peppino Gagliardi Settembre 03) Orietta Berti Fin che la barca va 04) I Nomadi Un pugno di sabbia 05) Tony Astarita Ho nostalgia di te 06) Romina Power Armonia 07) Gipo Farassino Non devi piangere Maria 08) Giorgio Laneve Amore dove sei? 09) Rosanna Fratello Una rosa e una candela 10) Mino Reitano Cento colpi alla tua porta 11) Piero Focaccia Permette signora 12) Johnny Dorelli Chiedi di più
I 54 PARTECIPANTI E I BRANI IN GARA
Sopra, tre immagini della prima esibizione della Berti tratte dalla serata finale.
Orietta e Peppino Gagliardi mentre attendono le votazioni delle giurie. A destra, il tabellone con i risultati finali.
A sinistra, Orietta con Renato, Peppino Gagliardi, Gabriella Farinon e Corrado durante la proclamazione dei primi tre classificati. Al centro e a destra, due immagini della seconda esibizione.
In   seguito   al   clamoroso   ed   improvviso   successo   di   vendite,   questo   45   giri   è   stato   più   volte   ristampato   per   tutta   la   prima   metà   degli   anni   ‘70.   I   vari   cambiamenti delle etichette del disco che la Polydor apportava periodicamente, hanno fatto si che di questo singolo siano reperibili parecchie edizioni, tutte differenti fra loro.
Sopra,   alcune   ristampe   del   disco   che   presentano   differenze   nell’etichetta.   Le   prime   due   hanno   rispettivamente   le   scritte   circolari   in   inglese   ed   italiano.   Le   suc- cessive  oltre a riportare il  timbro a secco della SIAE, si differenziano per altri particolari  facilmente riscontrabili come la scritta MONO al centro del lato destro.
GLI EXTENDED PLAY PROMOZIONALI DELLA PHONOGRAM
Lato A: Fin che la barca va\BUATTALA A MARE (Armando Savini) Lato B: JULIA (Ekseption)\CONCIERTO DE ARANJUEZ (Narciso Yepes) (Phonogram, 1017 ASC) Pubblicato con copertina standard forata ed etichetta bianca.
STAMPE E VERSIONI ESTERE DEL BRANO
CANADA Orietta Berti (in italiano)
GIAPPONE Orietta Berti (in italiano)
YUGOSLAVIA Orietta Berti (in italiano)
DANIMARCA Birthe Kjær Går Og Tænker På (in danese)
FRANCIA Irena Jarocka Tant que la barque va (in francese)
CROAZIA Lidija Percan Dok morem plovi brod (in croato)
CANADA Nada Tant qu'il y en aura (in francese)
DANIMARCA Elisabeth Edberg Blaes pa det hele (in danese)
FINLANDIA Berit Sattuma Kuljettaa (in finlandese)
CROAZIA Lidija Percan Fin che la barca va (in italiano)
ITALIA Ustmamò  Finkela barkava (in italiano)
CANADA Jacques Campion Tant qu'il y en aura (strumentale)
PROMOZIONALI SU VARIE RIVISTE DI MUSICA
In   alto   a   sinistra   una   pagina   promozionale   del   disco   tratta   da   “Mu- sica   &   Dischi”   dell’aprile   1970;      al   centro,   la   stessa   immagine   su sfondo   bianco   tratta   da   ''Discografia   Internazionale''   del   mese   di agosto   1970.   Entrambe   riportano   un’immagine   di   copertina   del   di- sco   diversa   da   quella   ufficiale.   Si   tratta,   probabilmente,   di   una prova   poi   scartata.   La   terza   pagina   promozionale   è   tratta   ancora da   “Musica   &   Dischi”,   ma   del   giugno   ‘70. A   sinistra,   una   pubblicità inserita   nel   numero   di   luglio   della   rivista   “Discografia   internazio- nale. ---------------------------------------------------------------------------
In   alto,   due   rare   cartoline   con   che   riportano   il   titolo   del   brano   di   Orietta. Al   centro   e   a   destra,   due   pubblicazioni   che   testimoniano   la   popolarità   della   canzone, Il primo, del 1990,  è un libro di vignette satiriche soprattutto a tema politico;  il secondo, pubblicato nel 2007,  contiene ricordi di vita sulla costa romagnola.
ANALISI SEMANTICA E LETTERARIA A CURA DI CETTINA BONGIOVANNI
Lato a: Fin che la barca va\CIRCOLO CHIUSO (Lolita) Lato B: LA CORRIERA (Anna Maria Izzo)\AMORE DOVE SEI (Giorgio Laneve) (Phonogram, 1015 ASC) Pubblicato con copertina standard forata ed etichetta bianca.
Il   piccolo   principe   nella   sua   innocenza   e   pure   profondità,   come   del   resto   il semplice   pastore   errante   dell'Asia   leopardiano   che   interroga   con   intensità filosofica   la   luna   sul   perchè   della   vita,   ci   presentano   un   aspetto   importante del   vivere,   il.binomio   semplicità   e   profondità.Un   bambino   sa   vedere   quello che   uomini   vissuti   non   sanno   cogliere,   un   pastore,   un   contadino   seguono   quel senso    della    vita    che    esperti    e    specialisti    non    afferrano.    Semplicità    e profondità   sembrano   lontane,   inconciliabili   tra   loro   ma   lo   sono   solo   per   la banalità    e    la    retorica.che    ordina,    compone,    rende    levigato,    omologato all'esterno    quel    magma    incandescente    che    ribolle    all'interno    sotto    una perfezione     stigmatizzata,     pietrificata,     stataria,     asettica,     anaffettiva, classista.     Se     si     prova     a     scomporre     umoristicamente,     alla     maniera pirandelliana,   si   scopre   un   mondo   vero,   in   evoluzione,   ricco   di   contrasti,   che pulsano   nelle   variegate   sfumature   che   si   possono   notare   con   una   riflessione sgombra   da   appesantimenti   pregiudizievoli.   Solo   così   si   può   andare   oltre   la muraglia    che    per    Montale    non    ci    lascia    cogliere    il    varco,    assaporare    il genuino,   l'autentico   emozionante   che,   a   detta   del   critico   Croce,   è   l'unica vena   emozionante,   senza   la   crosta   pesantemente   raziocinante.   E’   così   la semplicità,    di    per    sè    apprezzabile    ma    spesso    bistrattata,    perché    non associata    alle    bardature    dell'    "elite",    pseudovippata,    ci    presenta    una profondità   che   sfugge   agli   occhi   di   chi   la   bandizza   dal   vocabolario   vivente degli   orpelli   fastosi.Se   prendiamo   a   mo   di   esempio   una   canzone   degli   anni '70,   “Fin   che   la   barca   va   lasciala   andare”   di   Orietta   Berti,   rinnegata   e disprezzata   in   seno   alla   rivoluzione   di   costume   e   della   musica   leggera   di quegli anni, ci rendiamo conto della veridicitá dell'assunto predetto. Il   ritmo   è   da   canzonetta,   filastrocca   e   in   quanto   tale   semplice,   come   certe rime   il   cui   uso   risale   alla   tradizione   orale   per   imprimersi   nella   mente,   niente di   banale,   se   si   pensa   alle   origini   della   formazione   dell'identità   letteraria   si ritrovano   i   miti   e   addentellati   popolari.   Scrive   Saba   "fiore   e   amore"   la   più antica e difficile rima del mondo. Comincia   la   canzone   con   “il   grillo   disse   un   giorno   alla   formica”;   ecco   la favolistica   Esopo,   Fedro,   Collodi,   Rodari,   che   non   solo   richiama   stilemi   del genere    gli    animali    parlanti    ma    varia    in    rapporto    al    filo    conduttore    che accomuna i vari quadri. La   formica   non   si   accontenta   del   pane,   vuole   il   vino,   ma   deve   aspettare, concetto   semplice   ma   profondo   nella   morale   al   di   là   di   volere   sempre   altro, bisogna   sapere   aspettare   i   tempi,   l'attesa   è   importante,   il   tutto   e   subito attuale frantuma il ciclo naturale del tempo. Il   secondo   quadro   passa   all'uomo,   “mio   fratello   aveva   un   grattacielo   nel   Perù voleva   arrivare   fino   in   cielo   e   il   grattacielo   adesso   non   l’ha   più”.   Il   Machu Picchu   richiama   altezze   enormi   al   di   là   dell'assonanza   Perù   più.   Insomma   chi troppo   vuole   nulla   stringe,   semplice   espressione   che   riprende   il   concetto senecano,   lucreziano,   della   smania   di   possesso,   avidità,   si   vuole   sempre,   non ci   si   accontenta,   ma   così   non   si   riempie   quel   vuoto   che   lo   determina.   Oggi   si insegue   la   felicità   e   magari   avendola,   perchè   la   ricerca   è   fine   a   se   stessa,   si perde   così   tutto,   si   vuole   arrivare   in   cielo,   si   superarono   i   limiti   come   la torre   di   Babele,   come   le   colonne   d'Ercole   da   Ulisse   o   da   chi   ha   l'arroganza   di aspirare   all'impossibile,   misconoscendo   i   propri   limiti   o   ricorrendo   a   mezzi illeciti. “Fin che la barca va lasciala andare”, il ritornello e terzo quadro richiama la
barca   che   procede   con   il   vento   con   le   vele,   la   navigazione   che   avviene secondo   buoni   auspici,   nella   giusta   direzione   simboleggia   l'assecondare   le attitudini,    processi    naturali    senza    forzare,    utilizzare    i    remi    in    caso    di necessità.   Con   semplicità   si   esprime   un   concetto   profondo,   non   intervenire sempre,   controllare,   dirigere   una   saggezza   orientale   che   coglie   un   elemento importante     che     si     impernia     sull'attesa,     sulla     pazienza,     tolleranza, assecondamento della naturalità. Oggi è tutto forzato, diretto, stressato. “Quando   l'amore   viene   il   campanello   suonerà”,   quarto   quadro,   quel   che   deve accadere   accadrà,   serendipidità,   sano   fatalismo   che   a   volte   ti   salva.   Non lottare   contro   la   tiche,   siediti   sulla   sponda   del   fiume   e   aspetta   passare   il cadavere   del   nemico,   la   giustizia   fa   il   suo   corso,   a   fortuna   e   l'amore   sono spesso   incontri   casuali.   Una   ricerca   affannosa   non   è   vincente.   Siamo   ancor oggi    attratti    da    ciò    tanto    da    affollare    gli    spalti    del    teatro    greco    nella drammatizzazione di tale pensiero ellenico. “E   tu   che   vivi   sempre   sotto   il   sole”,   quinto   quadro.   Chi   vive   nella   propria terra,   soleggiata   come   la   nostra   a   misura   d'uomo   e   voluto   bene,   desidera andarsene   e   cercare   le   donne   di   città,   Milano,   belle   donne,   affari,   poi   invece trova   fretta,   smog,   anaffetività,   botulino,   solitudine.   Ecco   l'eterno   desiderio di   passare   dal   semplice   al   grandioso   dalla   campagna   alla   città,   dal   genuino all'artefatto,    al    trend    di    moda    patinato    di    falso    luccichio,    alle    donne omologate, alla metropoli spersonalizzante. Sesto   quadro:   “mi   sembra   di   vedere   mia   sorella   che   aveva   un   fidanzato   di Cantù”,      e   ritorna,   e   per   par   condicio   il   non   accontentarsi   anche   nell'aver tanti    fidanzati.    Non    si    ama    l'unità,    l'individuo,    ma    la    ricerca,    tanti,    il gallismo   brancatiano   o   il   gallinismo   postsessantottino   attuale   che   alla   fine   si risolve nel non avere niente. Ed   ecco   il   quadro   finale:   “Stasera   mi   è   suonato   il   campanello”.   L'imprevisto nella   vita,   l'occasione   di   un   incontro,   l'aprosdoketòn,   la   battuta   finale   a sorpresa   come   in   Marziale.   L'amore   lei   ce   l'ha,   il   cerchio   si   chiude   come   nei gradi   romanzi   o   poesie   eccellenti   in   cui   la   struttura   è   circolare.   “il   Grillo disse   un   giorno   alla   formica”,   c'è   la   curiosità   ma   il   cancello   non   si   apre,   si resiste   alla   tentazione   di   una   fuga,   non   si   mette   a   repentaglio   si   salva, custodendo   il   proprio   amore.   La   curiositas   è   positiva,   fa   ricercare,   scoprire ma   è   anche   negativa   .   Psiche   perde Amore   per   la   curiositas,   Ulisse   trascina   i compagni    a    morire,    Lucio    di    Apuleio    viene    trasformato    in    asino,    per curiositas si intraprendono strade sbagliate. Resistere   alle   tentazioni.   Ecco   uno   dei   significati   profondi   che   si   nascondono dietro   una   canzonetta   che   appare   semplice   ritmata,   gioiosa,   banale.   Non desiderare   sempre   oltre   le   possibilità,   accontentarsi   godendo   di   quello   che   si ha,   aspettare   i   tempi   dovuti,   non   scambiare   il   proprio   bello   con   l'ignoto omologante e standardizzato. Bisogna   nella   vita   non   fermarsi   alla   superficie,   cercare   di   leggere   tutto allegoricamente,    da    allon    agoreuo.    Dico    altro    e    scoprire    che    dietro    la semplicità   c'è   la   profondità,   dietro   una   lacrima   c'è   un   cuore   ferito,   dietro   un urlo   c'è   un'anima   sofferente,   dietro   un   sorriso   c'è   una   mano   che   si   tende, dietro   un   semplice   gesto   entusiastico   c'è   un   intelligente,   passionale   senso della vita che esplica energia positiva nell'incontro con chi sa apprezzarlo.
De gustibus non disputandum est sed cogita priusquam despicere
IL RINGRAZIAMENTO DI ORIETTA ALLA SIG.RA BONGIOVANNI
Gentile  sig.ra Bongiovanni, La ringrazio di vero cuore per le splendide parole e per l'analisi profonda, chiara ed onesta del mio brano "Fin che la barca va". Ha colto in pieno il sotto testo di questa canzone, il significato ed il messaggio che gli autori (il geniale Daniele Pace, Mario Panzeri e Pilat) vollero trasmettere in quel momento storico (1970)...dove, come era anche legittimo, si voleva cambiare tutto (la esterofilia e l'idea che "l'erba del vicino fosse più verde" era all'ordine del giorno) però a volte si dimenticava la nostra identità e la bellezza della semplicità delle cose della vita, che a volte ci appaiono scontate ma non lo sono mai. Gli autori Pace e Panzeri erano strepitosi nel trattare tematiche profonde, difficili e a volte veri e propri tabù, usando un registro nobile, dolce ma allo stesso tempo diretto, sagace e mai scontato, "pesavano" le parole da utilizzare. Un altro esempio è il mio brano "Via dei ciclamini" che trattava alla fine degli anni '60 il tema della legge Merlin e della chiusura delle case di tolleranza. Quindi GRAZIE ancora per la splendida analisi che ha fatto...che è la decodificazione netta del racconto della vita, che come ha citato lei, viene allegerito dalle sovrastrutture del conformismo e della spersonalizzazione per diventare profondo e forte come la più alta letteratura e filosofia possano trasmettere. Il sociologo Domenico De Masi ha sempre difeso e valorizzato questa canzone, e anche il pubblico (oltre 9 milioni di dischi venduti) che in quasi 50 anni l'ha fatta propria, diventando non solamente un successo popolare, ma trasformandosi in una consuetudine linguistica, con una popolarità trasversale e intra-generazionale che l'ha resa unica. Si immagini che 15 gg fa mi hanno inviato un video dalla provincia di Bergamo dove il parroco ha suonato le campane della chiesa proprio con il brano "Fin che la barca va" per celebrare il patrono del paese. Insomma la musica è un'arte e come tale ha quella magia che riesce ad andare oltre ogni cosa. Come diceva sempre il nostro caro amico Tommaso Labranca (geniale scrittore ed autore tv) "occorre sempre unire l'alto ed il basso che c'è in una cultura perché sono inscindibili ed inter- connessi, come la complessità e la semplicità della vita che sono inscindibili e per questo doverosi di essere studiati e compresi entrambi". Cara sig.ra Bongiovanni, ringraziandola ancora le chiedevo se potevo condividere e ripubblicare la sua analisi sul mio website e sui miei profili social? mi farebbe molto piacere. Come mi farebbe molto piacere avere occasione di incontrarla un giorno. Nel mentre auguro a lei e a tutti i suoi cari ogni bene. Cordialmente e con stima.
Sopra, le copertine di alcuni 33 giri e cd contenenti la versione originale di “Fin che la barca va”. A destra, un rarissimo juke box che espone la copertina del disco.